
Esornatività e idolatria (di PowerPoint)
Era, se ben ricordo, un mattino di tarda primavera, di quel periodo scolastico, cioè, in cui si accumulano drammaticamente le interrogazioni e le verifiche e l'insegnante, provato anche dai primi caldi, tende a soccombere. Un mio allievo si presentò volontario in latino. Era un allievo blando, cioè molto intelligente ma con voglia zero di studiare. Mi sorpresi fortemente, anche perché il suddetto non solo si presentava volontario e per giunta nella sua materia più odiata, ma aveva anche gli occhi che gli brillavano. Perché mai gli brillano gli occhi? pensai. Il mio interrogativo interiore durò un nanosecondo: il ragazzo estrasse dalla tasca posteriore dei jeans un dischetto e, esultante, mi chiese: «Possiamo fare l'interrogazione in sala computer?» Che diavoleria era mai questa? Covavo oscuri presagi, ma non potevo oppormi. Anche perché non avevo chiaro a cosa oppormi.
«Certo che sì» risposi fingendo un dirompente entusiasmo. La classe, a mo' di gregge, percorse mezza scuola e, molto rumoreggiando, approdò nel mitico Laboratorio. Il mio studente, con fare molto sicuro di sé, accese i computer, infilò il dischetto, digitò non so cosa, si mise comodo sulla sedia (fin troppo comodo, le gambe allungate sotto il banco, il braccio destro disteso molle sulla tastiera) e ordinò a un compagno di fare buio. E buio fu. Apparve una schermata azzurrina con il titolo: «Cicerone - Vita e opere». Il ragazzo digitò ulteriormente. Apparve un punti un piccolo puntolino nero a sinistra. E poi accanto una sparata di parole: nato a... Il ragazzo digitò una seconda volta e apparve un secondo puntolino che andò a piazzarsi buono buono sotto il primo, un attimo e di nuovo una sparata di parole: figlio di... si volse subito agli studi di... Altro tasto, altro punto, altra sparata, e via così: si trasferì a... dove conseguì... scrisse... poi scrisse... fu accusato... allora lui difese... ma poi l'anno dopo... scrisse ancora... morì... Punto dopo punto, magicamente, appariva tutto Cicerone. Vita, morte, miracoli. Ordinato, chiaro, corretto. Bello. Bellissimo!
Rimasi ammirata a guardare lo schermo e i magici puntolini. La classe-gregge ammirava insieme a me. Passò un'ora di pure delizie, modello giardino dell'Eden. Quando suonò la campanella e il mio allievo spense il computer e riaccese la luce, volevamo tutti metterci piangere dalla commozione.
Lo guardai estasiata come se non l'avessi mai visto: io dunque possedevo, tra i miei allievi, una perla tale e noi l'avevo mai saputa apprezzare? Gli stampai addosso un sorriso di pura adorazione e rimasi così, senza parole.
«Che voto mi dà?» mi chiese svegliandomi da tanto nirvana.
«Nove» mi venne spontaneo, aereo, soffice come una nuvola di ovatta. Nove, è ovvio.
Fu il giorno dopo che mi riebbi. Cominciai a riflettere. Dunque, vediamo, cosa diavolo era mai successo? Ah sì, un mio allievo non particolarmente brillante, anzi, particolarmente svogliato e determinato a fare il meno possibile, si era fatto interrogare portando tutto Cicerone e io gli avevo dato nove. Perché?
Perché aveva usato PowerPoint: la verità mi apparve in tutta la sua crudele chiarezza. Perché io ero rimasta abbagliata da PowerPoint. Perché io mi ero lasciata letteralmente imbambolare dalle magie da quattro soldi di PowerPoint...
Di colpo mi resi conto che io il ragazzo non l'avevo per niente interrogato. Che lui non aveva aperto bocca, che si era limitato a far apparire puntolini magici su uno schermo. Che tutto quello che stava scritto lì su Cicerone, stava scritto lì e basta. Che lui non sapeva una parola di quelle parole. Che se io gli avessi detto: bene, adesso chiudi questo benedetto PowerPoint e dimmi con parole tue cosa sai di Cicerone, lui non avrebbe saputo dire un bel fico secco di niente. E sapete perché? Semplice! Perché lui non aveva studiato un bel fico secco di niente, non aveva memorizzato, assimilato, amalgamato... Aveva solo... caricato dei dati su un programma! Cretina...
Cretina che non sono altro!
Aveva vinto lui. Rivedevo la sua faccia radiosa, mentre intascava il suo nove di latino. È un ragazzo brillante, farà strada…
(Paola Mastrocola, La scuola raccontata al mio cane, Parma, Guanda, pp. 139-14)